Una delle domande più frequenti che mi
si pone riguarda la scelta degli oculari da abbinare al proprio
strumento.
Purtroppo una "ricetta" universale non esiste, è ben noto come oculari
di elevata qualità a volte impiegati su di un telescopio piuttosto che
su di un altro espletino poi prestazioni discordanti o non univoche;
accade poi che ci si innamori di accessori di modesto blasone e fascia
di prezzo che stranamente sfoderano performance ottiche di tutto
rispetto.
I metri di giudizio sono spesso fin troppo soggettivi e rischiano di
togliere oggettività a ciò che acquistiamo ed impieghiamo per le
osservazioni visuali del cielo, così come l'individuare la reale
efficacia e compatibilità di un sistema oculare risulta una qualità
variabile da soggetto a soggetto.
Nella stesura di questo breve articolo non terrò in considerazione
difetti o limitazioni che derivano dal proprio occhio (come ad esempio
l'utilizzo di occhiali), ma cercherò in base a quella che è stata la
mia esperienza di creare una casistica oggettiva dell'impiego su varie
configurazioni dei più diffusi schemi ottici.
La scelta delle focali:
A mio parere è inutile
corredarsi di
10-15-20 o 30
oculari a meno che non vi sia dietro il desiderio di collezionismo o la
necessità di abbianre a diverse configurazioni ottiche gli stessi. Per
ottenere ottimi risultati ne bastano 3 o 4 abbinati ad un'ottima
Barlow, si riduce così il costo del materiale ed aumenta la comodità
specie in fase di trasporto verso i siti osservativi.
A prescindere dal tipo di
strumento che
utilizziamo è utile in primis un oculare a grande campo per i bassi
ingrandimenti, preferibilmente
con passo da 2" di modo da ospitare un grande field stop:
una focale tra i 40 ed i 30mm con diaframma di campo compreso tra i 40
ed i 27mm consente di abbracciare spesso il massimo campo reale che lo
strumento può offrire. Per calcolare il campo reale inquadrato è
sufficiente applicare la seguente formula:
diametro del diaframma di campo / lunghezza
focale in mm dello strumento x 57.3°
ad esempio se utilizziamo un oculare edge on da 27mm con 53° di fov e
field stop da 24.5mm su un rifrattore da 714mm di focale la formula
diventa la seguente:
( 24.5mm / 714mm ) x 57.3 = 1.96° di campo reale
analogamente un oculare con field stop da 40mm che possiede la medesima
focale di 27mm ed impiegato sul medesimo strumento fornirà il seguente
campo reale:
(40mm /714mm ) x 57.3 = 3.21° di campo reale.
Come si nota il campo reale
non è direttamente proporzionale
all'aumentare della focale ma bensì all'aumentare del diametro del
field stop, motivo per cui se utilizzate un Plossl da 40mm nel passo da
31.8mm ed un Panoptic da 24mm entrambi gli oculari
mostreranno le stesse porzioni di cielo solo che in quest' ultimo il
campo inquadrato risulterà più ingrandito che nel plossl, consentendo
di staccare
meglio dal fondo cielo nebulose, galassie e ammassi globulari oltre ad
offrire un'immagine più rilassante e di ampio respiro.
Se il vostro strumento non può offrirvi un innesto od un
focheggiatore per accessori da 50.8mm vi consiglio di
impiegare
un Panoptic, Hyperion, Meade swa da 24mm o analoghi oculari che vi
daranno la possibilità di
ottenere il più ampio field stop disponibile nel diametro da 31,8mm che
equivale a circa 27-28.5mm.
Risolto il problema delle focali lunghe un buon metodo per calcolare le
altre tre necessarie può essere il seguente: dimezzare la prima focale,
la seconda e così via.
Se abbiamo un 36mm si ottiene così il seguente range; 36mm 18mm 9mm
4.5mm
Se abbiamo un 24mm a seguire 12mm 6mm e 3mm.
Con questo metodo diventa superfluo l'utilizzo in visuale di una
Barlow, ancora con un 40mm otterremo di seguito un parco oculari
costituito da 40mm 20mm 10mm e 5mm. Applicando questo metodo si ottiene
una gamma di oculari che ci consentiranno di notare meglio le
differenze ed i dettagli nell'immagine tra una focale e l'altra, cosa
che difficilmente accade quando applichiamo varie sfumature come ad
esempio utilizzando un corredo con 24mm, 20mm, 16mm, 10mm,
8mm,
6mm e 4mm , o ancora 36mm 27mm 20mm ecc ecc.
La
massima pupilla d'uscita e l'ingrandimento equipupillare:
La teoria vuole che non si superi mai il diametro di 6-7mm equivalente
alla massima dilatazione della nostra pupilla al buio.
Il metodo più semplice per calcolarla è dividere il diametro in
millimetri del nostro obiettivo per l'ingrandimento offerto dal nostro
oculare.
Esempio pratico: un Newton da 150mm di diametro che utilizza un Plossl
da 32mm genera una pupilla di uscita pari a 150/32= 4.68mm
ampiamente compresa nel limite dei 6-7mm.
E' opportuno non scendere mai sotto l'ingrandimento definito
equipupillare.
Per un rifrattore di 100mm corrisponde a 14x, tale valore si ottiene
dividendo il diametro del proprio obiettivo per 7 che
equivale
come ho specificato alla massima dilatazione della nostra pupilla.
Il massimo
ingrandimento pratico:
Un altro frequente errore è dato dal
ricercare oculari estremi che forniscano un ingrandimento che il 90%
delle volte il proprio telescopio non può reggere per motivi di
apertura o di qualità ottica.
Diciamo che un'obiettivo rifrattore ben lavorato regge in condizioni
medie di seeing circa 20x per centimetro di apertura, un Newton o
catadiottrico dai 10 ai 15x per centimetro di apertura.
Tale valore si alza in condizioni di ottimo seeing ed eccelsa
lavorazione delle
superfici ottiche a circa 25-30x nei rifrattori e 18-20x negli
strumenti a riflessione.
Con un rifrattore di 80mm di elevata qualità ottica e correzione
cromatica è possibile raggiungere in ottime condizioni atmosferiche
ingrandimenti compresi tra i 200-240x con un newton da 130mm di
apertura e di pari lavorazione ottica è possibile utilizzare poteri di
ingrandimento di circa 200x.
Ogni "abuso" di queste norme di buon senso porta ad ottenere immagini
prive di dettagli e corredate dei principali difetti di aberrazione del
proprio sistema ottico.
Da considerare che a prescindere dalla qualità ottica del
sistema raramente l'atmosfera ci consentirà di utilizzare oculari che
generano simili poteri, io li utilizzo solo per collimare con estrema
precisione le ottiche!
Quale
schema ottico utilizzare, plossl, ortoscopici o wide angle ?
Mentre anni
fa le scelte erano limitate oggi il panorama degli accessori si è
evoluto di pari passo alle innovazioni e le migliori tecnologie ottiche
creando però un po' di confusione e smarrimento a chi comincia e
talvolta anche
a chi è più navigato.
Sono dell'idea che non serva
spendere
chissà cosa per osservare bene, ma capita che a parità di prezzo alcune
configurazioni siano deludenti, altre soddisfacenti.
I fattori discriminanti che si
dovrebbero
tenere in considerazione nella scelta di uno schema ottico oculare
piuttosto che un altro riguardano la correzione di campo e la
compatibilità col proprio strumento, trasmissione luminosa,
contenimento dei riflessi, durezza dei trattamenti ottici e per ultimo
il campo apparente.
Non servirà a niente possedere
un oculare
costoso con 68-82° di campo se poi avremo solo 35° corretti bene e gli
altri aberrati! O ancora peggio utilizzarlo solo per osservazioni di
pianeti, tralasciando i fattori più importanti richiesti dal dettaglio
estremo.
Conoscere il piano focale del
proprio
strumento e la sua geometria risulta di estrema importanza e non è così
immediata la conoscenza dello stesso.
Vi sono Plossl che forniscono
immagine ben
corrette fino ai bordi anche su rifrattori sprovvisti di spianatore di
campo, mentre grandangolari o oculari aplanatici che generano
astigmatismo su qualunque configurazione.
E' il caso degli edge on Flat
Field da 27mm
o dei vecchi serie 3000 da 25mm, questi da metà campo in poi sono
inutilizzabili quasi con tutti gli strumenti.
Gli oculari andrebbero
calcolati e
progettati esclusivamente per il proprio strumento ma questo non è
possibile salvo cadere su marchi come pentax e takahashi che spesso
progettano i propri oculari per i loro relativi telescopi.
Un metodo semplice, veloce e
spartano per
avere garanzie di buona coincidenza dei piani focali consiste
nell'analizzare le superfici esterne dell'oculare...
Schemi che utilizzano verso
l'occhio e il
piano focale superfici molto concave hanno più facilità di accordarsi
con strumenti rifrattori, catadiottrici e newton anche molto aperti...è
il caso dei Vixen Lv da 30mm dei Baader Hyperion e Panoptic da 24mm, di
alcuni Nagler e Plossl serie 4000 japan, ma anche dei modesti Hr
Planetary...
Superfici piane
invece spesso sono sintomo di scarsa correzione fuori asse.
Oggi la maggior
parte dei produttori
è in grado di offrire schemi che presentano una correzione ortoscopica
anche a pochi euro, ma questi schemi difficilmente vengono ottimizzati
per uno specifico strumento. Non a caso io mi sono dovuto liberare di
ottimi T-japan e Baader Ortho poichè con il mio strumento non erano in
grado di offrire una degna correzione di campo che invece ho trovato
utilizzando dei Vixen Lv o Hyperion. Veridicità di quanto ho scritto
l'ho riscontrata modificando il mio flat field da 27mm con opportuna
rettifica dei distanziali e inversione di alcuni elementi ottici ho
ottenuto un oculare che con qualunque rifrattore presenta una
correzione ai bordi degna di un Petzval!
I grandangolari ben corretti
sono utili per
le osservazioni di cielo profondo specie nelle focali che generano
ingrandimenti compresi tra i 20 ed i 60-80x,
per osservazioni ad alto
ingrandimento non
vi servirà a niente un oculare che possiede 80 gradi di campo apparente
dato che i pianeti devono stare al centro del campo visivo. L'utilizzo
di un eccessivo numero di lenti porterà spesso ad ottenere immagini
meno cristalline, episodio che si riscontra utilizzando ad esempio
Vixen lv, Hyperion, Hr - William Optics - TMB planetary e
configurazioni simili se le confrontiamo in asse con la purezza ed il
contrasto di semplici Ortoscopici o produzioni Vintage a 4 lenti.
Davide Sigillò